Come agisce uno psicoterapeuta dell'infanzia

La specificità della formazione per diventare psicoterapeuti dell'infanzia

Le risposte a tre domande poste da un allievo descrivono in modo sintetico ma incisivo, alcune caratteristiche  della formazione dello psicoterapeuta dell’infanzia proposte dalla Scuola e del successivo operare  psicoterapeutico con i bambini. Il testo è un breve susseguirsi di passaggi che lasciano intravvedere le complessità della formazione alla psicoterapia dell’infanzia.

Perché la psicoterapia in età evolutiva richiede una formazione particolare? 

Il linguaggio infantile possiede sue peculiarità che ogni adulto, nella sua infanzia, ha sperimentato e posseduto in forme uniche e irripetibili perché frutto dello specifico contesto socio relazionale in cui è cresciuto. L’unicità dell’individuo ribadita da Adler nei suoi scritti, è alla base dell’orientamento dello psicoterapeuta che prende in cura un bambino in difficoltà.  

Nel percorso di crescita di ciascun individuo le parti della personalità proprie dell'infanzia con i suoi linguaggi e le logiche consce ed inconsce, vengono assorbite e mese in ombra dal funzionamento  più razionale dell’essere adulti. La formazione dello psicoterapeuta che vuole lavorare con i bambini dovrà pertanto recuperare il proprio linguaggio infantile e farne uno strumento di lavoro professionale. Questo recupero permette di entrare in relazione con il bambino e comunicare con lui utilizzando il suo registro espressivo. Questa abilità è essenziale e va coniugata all’acquisizione di tecniche terapeutiche specifiche per l'età evolutiva che consentono alla relazione con il bambino in psicoterapia di fargli riprendere il percorso di crescita interrotto e/o deviato dalla condizione di sofferenza.  

Quali sono gli obiettivi da perseguire per la formazione dello psicoterapeuta infantile?

Nel lavoro psicoterapeutico con il bambino occorre lavorare  per costruire una relazione emotiva prima di applicare qualsiasi strumento psicologico: sottolineo lavorare perché la costruzione della relazione è una dimensione tutt'altro che scontata e di complessa realizzazione.

Ciò significa, per il futuro psicoterapeuta dell'età evolutiva, porsi in una prospettiva formativa che ha come obiettivo primario il riscoprire il proprio bagaglio emotivo infantile che potrà essere    ampliato dall’esperienza dell’analisi personale. Su questa base le acquisizioni delle tecniche della psicoterapia infantile che la Scuola permette di acquisire nel corso del suo programma quadriennale, possono diventare efficaci strumenti terapeutici.

Questa modalità di affrontare l’esperienza formativa allarga vantaggiosamente la forma mentis del futuro psicoterapeuta dell’infanzia e soprattutto aiuta a non cadere nell’equivoco, spesso piuttosto diffuso che per entrare in relazione con il bambino nella seduta psicoterapeutica  “basta farlo giocare e disegnare”. 

Quanto alla tecnica la formazione alla psicoterapia porta a imparare a utilizzare lo strumento del gioco, delle espressioni corporee e del disegno come veicoli delle dimensioni simboliche dei disagi    interiori e gli arresti evolutivi del bambino. L’abilità dello psicoterapeuta dell’infanzia consiste nel sintonizzarsi su questi registri espressivi e operare assieme al bambino per fargli sperimentare percorsi emotivi che lo rimettano nella direzione dello sviluppo sano. Lo psicoterapeuta deve quindi imparare a “mettersi in gioco” scendendo con il bambino nelle sue fantasie tenendo funzionante, al contempo, il registro adulto. Lo psicoterapeuta deve imparare a muoversi emotivamente e cognitivamente sul doppio registro: deve entrare  “dentro il mondo del bambino” e uscirne fuori “per osservare i processi attivati” e spingere la relazione nella direzione utile alla crescita.    E’ un’abilità complessa, ma entusiasmante.

 Nel percorso formativo è previsto che il futuro psicoterapeuta dell’infanzia impari anche a gestire i genitori del bambino in psicoterapia?

Il bambino non è una monade isolata; è sempre immerso nei vari contesti di vita che, ben si comprende, sono percorsi da continue comunicazioni consce  inconsce. Quindi la proposta della Scuola che inizia con l’apprendimento delle tecniche diagnostiche, orientate non solo a conoscere il mondo interno del bambino, ma anche il contesto relazionale in cui è inserito, recepisce e sottolinea l’importanza degli adulti che stanno intorno al bambino, in particolare i genitori.

In una buona psicoterapia di un bambino i genitori devono diventare co-terapeuti; devono cioè essere inseriti e coinvolti nel progetto di cura. Secondo la metodologia della Scuola lo psicoterapeuta che ha in carico il bambino non può interessarsi anche dei genitori. Deve essere un altro collega che aiuta i genitori a elaborare le necessarie modifiche per rendere l’ambiente in cui il bambino vive più consono ai bisogni terapeutici.

Certamente la Scuola porta ad apprendere come si gestiscono i genitori di un bambino in psicoterapia aiutando però a distinguere e separare i due campi nella pratica clinica.  

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