La diagnosi psicodinamica: dal percorso formativo alla pratica clinica
L’importanza della diagnosi psicodinamica
Le domande che uno psicologo interessato al percorso formativo della Scuola rivolge a un Formatore sono l’occasione per sottolineare l’importanza della diagnosi psicodinamica sia lo psicoterapeuta che per il paziente, che si sente rassicurato dall’approccio diagnostico. L’attenzione è poi rivolta all’uso dei test come strumenti che permettono la conoscenza delle dimensioni profonde della personalità.
D.: Quale è il significato della psicodiagnosi?
R.: Dal mio punto di vista il significato di un percorso psicodiagnostico è rappresentato dal tentativo del terapeuta di comprendere i dinamismi che guidano la personalità dell’individuo. Attraverso questo strumento il paziente ha l’opportunità di acquisire una più precisa conoscenza di sé, identificando tanto le proprie aree problematiche quanto le risorse che si collocano nella parte sana del funzionamento psichico. L’area delle risorse è importante perché nel percorso terapeutico sono oggetto di attenzione data la necessità di un loro rinforzo. La psicodiagnosi diviene anche “luogo” entro il quale si pongono le basi per l’inizio di un percorso terapeutico.
D.: Si può iniziare una psicoterapia senza aver fatto una psicodiagnosi?
R.: Iniziare una psicoterapia guidati da una buona conoscenza del funzionamento psichico di un paziente è sicuramente un grande vantaggio. Lo è in particolare per i giovani terapeuti che, non avendo ancora maturato una significativa esperienza professionale hanno bisogno di una “bussola” per orientarsi nella complessità umana, in particolare nelle complessità del mondo interno del paziente. Anche i terapeuti esperti ovviamente hanno bisogno dei dati diagnostici per progettare con più chiarezza il percorso da fare per aiutare il paziente a riconquistare la serenità.
D.: La psicodiagnosi è utile solo al terapeuta o anche al paziente?
R.: I pazienti si sentono rassicurati se viene proposto loro un inquadramento diagnostico che permetta di capire la loro personalità profonda. In genere rimangono ben impressionati dalla proposta di procedere a una diagnosi prima di iniziare una terapia e sono di solito anche curiosi di sapere che cosa ha capito il terapeuta prima di iniziare la vera e propria terapia. Di fatto il paziente che ricorre allo psicoterapeuta non ha idea di che cosa possa essere il percorso terapeutico, ha magari il timore di finire per dipendere da un’altra persona, di essere condizionato dal terapeuta, di non essere più libero di scegliere. Questi timori vengono contenuti e hanno la possibilità di essere superati se l’approccio al lavoro terapeutico inizia con una diagnosi. Quindi il paziente si rassicura iniziando l’approccio con una psicodiagnosi.
D: Mi chiedo se il paziente ha bisogno di chiarire come si svilupperà la psicodiagnosi?
R: Di solito il paziente non vuole risposte così approfondite e si lascia guidare nello sviluppo del lavoro. Lo psicoterapeuta che conduce una psicodiagnosi segue uno schema orientativo preciso: parte da un’attenta analisi della condizione psichica che il paziente manifesta muovendo dall’analisi della domanda e del quadro motivazionale che ha permesso l’approccio con lo psicoterapeuta. Procede poi a organizzare il complesso dei messaggi non verbali che nell’insieme danno informazioni su aspetti emotivi non verbalizzabili; è questa la parte dell’esame obiettivo. La collaborazione del paziente è sempre al centro del lavoro sia quando lo si invita a condividere la sua storia raccogliendo l’anamnesi sia quando si somministrano i test proiettivi. Tale percorso, dura circa 6/8 incontri e si conclude con la restituzione al paziente dei contenuti emersi e la definizione di un eventuale progetto terapeutico.
D: Quindi è previsto l’uso di test proiettivi? Quali sono e con quale logica vengono scelti?
R: Certo. I test proiettivi, se ben appresi grazie ad un’adeguata formazione, divengono per il terapeuta adleriano la “porta di accesso” verso la comprensione dei dinamismi più profondi della struttura e dell’organizzazione di personalità del paziente. I principali test proiettivi da noi utilizzati nelle psicodiagnosi con gli adulti sono il Rorschach, il T.A.T. e il Wartegg , mentre i test Carta matita, il C.A.T., le Favole della Duss vengono impiegati principalmente nei percorsi psicodiagnostici in età evolutiva. Importanti sono anche i reattivi di intelligenza (la WAIS per gli adulti e la WIC per l’età evolutiva) che vengono somministrati per valutare quanto e come i disturbi emotivi influiscono sul funzionamento intellettivo.
D: La psicodiagnosi con i test sembra inserire una logica valutativa. Non è un elemento che può spaventare i pazienti?
R: La nostra esperienza professionale ha ampliamente confermato che un’adeguata preparazione del paziente ad accogliere i test e l’identificazione del momento adeguato per effettuare la somministrazione permette alla persona coinvolta di affidarsi in modo più collaborativo al terapeuta. In molti casi, la presenza dei test produce nei pazienti un vissuto di maggiore “sicurezza” non sentendosi di far riferimento, in modo esclusivo, alla sola soggettività del terapeuta.
D.: I dati della psicodiagnosi servono anche nel corso della terapia?
R.: Questa è una buona domanda. La psicodiagnosi dà inizio alla cartella clinica che poi si arricchisce nel corso della terapia. E’ di grande utilità per il terapeuta andare a rivedere, alla luce delle maggiori conoscenze sulla vita del paziente, i dati della diagnosi, in particolare i protocolli dei test proiettivi. Queste successive letture permettono di comprendere meglio certi aspetti della vita profonda del paziente che al termine della psicodiagnosi erano stati compresi solo nelle linee essenziali. Quindi la psicodiagnosi è un documento destinato ad arricchirsi lungo tutta la terapia.
Cesare Rinaldini