Imparare ad essere buoni
Tratto della Rivista "Il Saittario" nr. 23 - Colpa e senso di colpa
Che il buono fosse anche bello, fino a cinquant’anni fa, nessuno l’avrebbe messo in dubbio. La cultura attuale, che privilegia l’individuo, l’immagine e il successo, il consumo e il possesso, ha lentamente sgretolato un sistema di valori. I comportamenti paiono ispirarsi, nella complessità di un sociale anche interculturale, al dar valore alla soddisfazione immediata dei bisogni personali, al garantire uno «star bene» che è il cercare di tenersi lontano dalle frustrazioni e dalle difficoltà, anche quelle che inevitabilmente si incontrano nel crescere.
Le mamme lo sanno, in una buona relazione, possono tollerare la reazione del bambino senza considerarlo «cattivo», mantenendo comunque fermamente il no, nella convinzione di non essere loro stesse «cattive», ma di operare «per il suo bene».
Quel bimbo imparerà, nella buona relazione con i genitori, a sperimentare che c’è un bene al di là dell’interesse immediato personale, che implica a volte la rinuncia, e più spesso la trasformazione dei propri bisogni e desideri, in un interessante anche se faticoso lavorio di mediazione con la realtà e con i bisogni e i desideri delle persone che vivono con lui, in vista di uno «star bene» che lo riguarda, ma riguarda insieme anche gli altri.
Sarà aiutato a non temere l’intensità delle emozioni, anche spiacevoli, e a trovare il modo per contenerle, riconoscendole ed esprimendole, senza lasciarsene invadere.
Sarà sostenuto nello sperimentare l’aggressività come forza vitale di autorealizzazione, da investire nella realtà in azioni efficaci, trasformative e creative, piuttosto che come forza distruttiva.
Sarà accompagnato nel distinguere ciò che prova e ciò che fa, l’emozione, l’intenzione e l’azione, affinando la consapevolezza delle emozioni per non provare sempre l’immediato bisogno di scaricarle o di agirle, divenendo capace di scegliere e di assumersi la responsabilità dei propri comportamenti.
Sperimenterà che nessuno è totalmente buono o totalmente cattivo, e che si può essere amati incondizionatamente dai propri genitori, ma eventualmente disapprovati in azioni e comportamenti che possono recare danno o dispiacere alle persone o alle cose. Imparerà così a provare sentimenti di colpa, e non solo di vergogna, disponendo di una «buona» coscienza non troppo rigida, né troppo permissiva, con il desiderio e la possibilità di riparare il danno e di essere perdonati.
Acquisirà la capacità di modulare i propri comportamenti in modo sempre più autonomo, lungo una linea di sviluppo che vede inizialmente ogni comportamento motivato dal far piacere ai propri genitori per averne conferma e approvazione, che contempla poi la possibilità di comportarsi in base a norme e valori interiorizzati, a partire da ciò che i genitori stessi, e poi gli educatori e gli altri ragazzi, hanno incarnato con il loro modo d’essere e di agire.
Ed infine giunge alla matura possibilità di provare piacere nel far piacere, in una dimensione di fertilità e generatività che è propria della persona adulta responsabile, capace di autentica relazione e collaborazione con gli altri.
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