Famiglie omogenitoriali. I dati di ricerca e le sfide per lo psicoterapeuta
Dal convegno 2014 "Il Maschile e il Femminile nella Famiglia Contemporanea": Ruoli e identità in trasformazione.
Il tema, soprattutto nei paesi anglofoni e dell’Europa settentrionale, è già da anni sul tavolo della discussione con scontri di posizione e con legislazioni sempre più favorevoli al riconoscimento.
In Italia questa realtà è ancora dietro all’angolo, pronta a venire fra poco alla ribalta. Ben presto nascerà il dibattito non solo sul riconoscimento delle coppie gay/lesbiche ma anche sul loro diritto ad avere figli. Tanto vale, dunque, incominciare a farci un’idea della situazione. Ci piaccia o no, dobbiamo fare i conti con quanto la cultura cambi i rapporti con la natura.
Coloro che sono contrari al riconoscimento dei matrimoni gay e alla loro adozione di figli sostengono che questi minacciano la famiglia naturale, fondamento della società, costituita da un uomo e una donna e ledono il diritto dei bambini ad avere un padre/maschio e una madre/femmina. I «pro» ritengono, invece, che sia un problema di riconoscimento dell’uguaglianza di diritti contro la discriminazione e che per il benessere dei figli ciò che conta non è il genere maschile/femminile dei genitori ma la capacità di accudimento (è l’amore che fa la famiglia e i figli li faccia chi è in grado di accudirli). Quale è lo status attuale delle ricerche empiriche, iniziate negli anni ’70, circa i tre punti centrali della questione: le capacità educative della coppia omogenitoriale, cioè la compatibilità fra omosessualità e genitorialità; lo sviluppo emotivo e sociale dei bambini nelle famiglie omogenitoriali; la relazione fra la condizione omosessuale della coppia e l’identità di genere dei figli con particolare attenzione al loro orientamento sessuale futuro.
Visto come il dibattito si sta svolgendo all’estero, quando il problema delle famiglie omogenitoriali emergerà anche in Italia ci sono già le premesse che andrà ad infilarsi in una guerra. Da una parte i «pro» che si sentono discriminati e vogliono l’omologazione e dall’altra i «contro» che si sentono minacciati nei loro principi, per cui ognuno estrae dalle ricerche empiriche ciò che gli può servire come arma d’assalto. Sarà possibile evitare la rissa?
La questione riguarda anche gli psicoterpeuti, chiamati una volta in più, ad affinare la loro “neutralità flessibile” e a dare un indirizzo terapeutico alla meraviglia della novità. Ciò è possibile se, escluso il tranello degli slogan e le scorciatoie del coming out, si abilitano a cogliere i cambiamenti profondi nella gestione dei sentimenti che questi “casi” sottopongono al suo intervento professionale.