Il Test di Rosenzweig: perché studiare la frustrazione?
La frustrazione è definita come uno stato di insoddisfazione o delusione provocato dall’interruzione di un atto che tende a soddisfare il soggetto che lo sta compiendo. Le cause possono essere di tipo personale o impersonale: nel primo caso esse sono inerenti alle relazioni tra gli individui, come esperienze di perdita, nel secondo caso ci si riferisce a cause esterne, ambientali. Nel momento in cui l’agente scatenante incontra il soggetto-attivo si origina una reazione simile ad uno scoppio, un movimento, orientato verso la fonte della frustrazione. In tal senso si può pensare ad un legame frustrazione-aggressività.
Vi sono differenti definizioni di aggressività che si distinguono sia per corrente di pensiero, ma anche sulla base delle cause scatenanti. Ad esempio, per Freud l’aggressività si rifà inizialmente a cariche istintuali per poi diventare espressione di un istinto di morte (thanatos), che si contrappone ad un istinto di vita (eros), per M. Klein l’impulso aggressivo è presente sin dalla prima infanzia e si manifesta sotto forma di angoscia e di immagini terrificanti. Considerando il punto di vista adleriano, la frustrazione è da considerarsi come una spinta verso l’aggressività, etimologicamente intesa: dal latino aggredior, composto da ad + gradior, che indica l’azione di avvicinarsi a qualcuno o qualcosa. Tale spinta è auto-affermativa ed è utile agli individui in quanto permette loro di capire la direzione per arrivare ad una soddisfazione e spinge l’individuo alla ricerca dell’autonomia. Diversamente, gli studiosi comportamentisti hanno approfondito il ruolo delle frustrazioni nell’innescare i comportamenti aggressivi.
Sono state identificate differenti spiegazioni alle reazioni a stimoli frustranti:
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- Relazione Frustrazione-Aggressività: dietro ad ogni comportamento aggressivo vi è sempre la frustrazione per un mancato soddisfacimento. In tal caso le modalità attuate per affrontare la frustrazione possono implicare la rimozione dell’ostacolo, che passa attraverso la ricerca dell’attenzione, la lotta per il potere e il desiderio di vendetta, il superamento/aggiramento dell’ostacolo e infine l’abbandono del compito che sfocia in
apatia e rinuncia;
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- Relazione Frustrazione-Regressione: la reazione ad una frustrazione comporta una
regressione ad un comportamento primitivo/precedente rispetto allo stato attuale (ad
esempio l’attuazione di comportamenti infantili);
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- Fissazione: l’individuo non riesce a superare l’ostacolo che provoca in lui disagio, ma viene
costretto a farlo senza avere una via di fuga. Gli esisti a tale situazione possono essere la rinuncia, nel caso in cui il soggetto non venisse più sollecitato, oppure, se continuamente spronato, potrebbe fissare un comportamento stereotipato fine a se stesso e non atto al superamento dell’ostacolo.
L’aggressività può essere repressa/inibita, dislocata o sublimata. Essa è una forza libera che permette crescita personale. Al contrario se repressa e latente porta a stili di vita viziati.
Il test di Rosenzweig (PFS-Picture Frustration Study) analizza le reazioni alla frustrazione e consiste in una serie di 24 vignette in cui sono rappresentate situazioni frustranti in cui il soggetto deve scrivere come reagirebbe, rispondendo con una immedesimazione completa/proiezione, identificazione parziale/semi-proiezione o una razionalizzazione/nessuna proiezione. Il PFS può
essere somministrato a bambini, adolescenti e adulti, in quanto esistono tre forme differenti che si adattano allo stadio di sviluppo del destinatario.
In particolare il test indaga due dimensioni: la direzione dell’aggressività (extra-punitiva, intra- punitiva, impunitiva/repressa) e il tipo di risposta (dominanza dell’ostacolo, difesa personale, persistenza del bisogno).
Lo studio della frustrazione e delle diverse reazioni è utile allo psicologo per la prevenzione in ambito scolastico a fronte di interventi contro il bullismo, dinamiche insegnanti-studenti o genitori- insegnanti. In ambito comunitario, per il recupero di soggetti con condotte aggressive, ex tossico- dipendenti e/o carcerati, al fine di monitorare l’andamento di programmi riabilitanti. Utile in ambito organizzativo per la valutazione di un candidato, permettendo di prevedere possibili reazioni a situazioni lavorative similari a quelle presentate nel test o ipotizzare tendenze a fronte di insuccessi. Più in generale, lo studio della frustrazione sarebbe utile nel monitorare i cambiamenti nella gestione delle frustrazioni che inevitabilmente l’epoca moderna vede sempre meno accettate e accettabili.
In tale ottica, la presenza della frustrazione non sarebbe da considerarsi negativa in quanto nessuno è esente da situazioni difficili. Essa però per avere funzione adattiva deve essere liberata in maniera calibrata: ciò sarebbe estremamente utile anche nei percorsi terapeutici per favorire un cambiamento.
Chiara Zanzanelli, psicologa
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